Diamanti

Diamanti naturali in differenti carati

II diamante è un vero miracolo della natura; è carbonio allo stato puro cristallizzato in condizioni di pressione e temperatura elevatissime. Condizioni che possono essere raggiunte solo sotto la crosta terrestre ad una profondità di oltre 250 chilometri. La pietra viene poi portata in superficie dall’azione vulcanica. Il diamante è il minerale che presenta durezza maggiore (resistenza all’abrasione e non resistenza agli urti) fra quelli attualmente noti. Il legame particolarmente forte tra gli atomi di carbonio e la disposizione cubica compatta, conferisce al diamante proprietà fisiche eccezionali. II valore del diamante Le caratteristiche tecnico-commerciali più importanti per un diamante sono peso, colore, limpidezza e taglio, denominate le “4C” dalle iniziali dei vocaboli inglesi: Carat (unità di peso), Color (colore), Clarity (limpidezza) e Cut (taglio). La migliore combinazione di queste caratteristiche corrisponde ad un maggior pregio del diamante. Carat (carato) Il carato è l’unità di misura utilizzata per esprimere il peso (o massa) dei diamanti. La parola carato deriva dal termine greco che indica il carrubo, i cui semi hanno la caratteristica di avere peso costante, attorno a 0,2 grammi; la standardizzazione del taglio a brillante fa si che vi sia una buona corrispondenza tra il peso e le dimensioni (0,10 ct – 3,00 mm; 0,25 ct – 4,10 mm; 0,50 ct – 5,20 mm; 0,75 ct – 5,90 mm; 1,00 ct – 6,50 mm). Quando la pietra ha peso inferiore al carato, si può utilizzare come unità di misura la centesima parte del carato, denominata commercialmente “punto” (1ct = 100punti; 0,20ct = 20 punti). Esiste un’altra unità di misura per indicare il peso dei diamanti, il “grano diamante”, che corrisponde a ¼ di carato: 4 grani diamante equivalgono infatti a 1 carato. Il termine “grano diamante” è ancora oggi comunemente utilizzato dagli operatori del settore durante le trattative commerciali, mentre è ormai in disuso nel linguaggio comune. Color (colore) La maggior parte dei diamanti usati in gioielleria appare bianco, incolore, trasparente. In realtà presenta sfumature, generalmente nel tono del giallo, più o meno intense. Possiamo osservare quindi diamanti bianchissimi o diamanti con sfumatura paglierina. Esistono delle scale di colore per classificare questa caratteristica. La scala più diffusa è quella GIA ed è formata da lettere dell’alfabeto dalla D alla Z. Il rilievo del colore per le pietre della “serie Cape” (da incolore a giallo molto chiaro) avviene per confronto diretto con pietre campione chiamate “master stones”. Quando la saturazione di colore supera una certa intensità, il diamante viene definito di colore fantasia o fancy. I diamanti fancy sono rarissimi e sono di colore verde, rosa, blu, rosso, arancio, giallo e giallo bruno.Un discorso a parte meritano i diamanti neri, che assumono questa colorazione per la massiccia presenza di inclusioni carboniose. Clarity (limpidezza) Ogni diamante è unico anche grazie alle sue caratteristiche interne. Con il termine limpidezza si intende la trasparenza, la continuità e l’omogeneità del cristallo. La presenza di inclusioni (piccoli cristalli di vari minerali, fratture o linee di struttura) viene considerata come elemento di disturbo. ll loro numero, la dimensione, il colore e la posizione, visibili con una lente a 10 ingrandimenti, determinano il grado di purezza del diamante. Le inclusioni rendono ‘unica’ la gemma come una impronta digitale ma la loro presenza diminuisce di pregio il diamante. Più un diamante è puro, più è raro e prezioso. Cut (taglio) Il diamante per secoli fu utilizzato così come veniva trovato in natura. Quando nel 1400 i diamanti arrivarono in Europa, iniziarono le prime lavorazioni sui cristalli, dapprima a Bruges, poi ad Anversa, Amsterdam ed infine a Londra. Fu l’italiano Vincenzo Peruzzi ad inventare, alla fine del Settecento, il taglio a brillante a 58 faccette. È proprio il taglio che permette al diamante di sprigionare luce, meglio è eseguito il taglio e più il diamante diffonde brillantezza. Negli anni venti il “tagliatore-matematico” Macel Tolkowsky stabilì misure precise di taglio, portando alla luce la bellezza e il fuoco del moderno taglio a brillante rotondo. La forma più comune di taglio del diamante è quella rotonda, denominata a brillante, con 57 faccette, a cui talvolta si aggiunge una tavola inferiore (58° faccetta, non sempre esistente). Il taglio è l’unico fattore che non dipende dalle caratteristiche fisiche del diamante stesso, ma dalla bravura, dalla tecnica e dall’esperienza del tagliatore. Per la classificazione del taglio si tengono presenti le proporzioni di tavola, corona, padiglione e spessore della cintura (che devono avere valori vicini ai parametri di riferimento), la simmetria, ossia la regolarità delle faccette, la corrispondenza tra corona e padiglione e infine il grado di politura, ossia la qualità della finitura della superficie. La tendenza generale per la lavorazione del grezzo è riuscire a contenere al massimo la perdita di peso e, al tempo stesso, raggiungere la miglior resa di brillantezza e dimensioni. Pertanto sono stati creati differenti tagli e forme, quali il taglio a marquise, a goccia, ovale, a cuore, triangolare, a smeraldo e tanti altri. In tutte le epoche il diamante ha sempre esercitato un grande fascino. I Romani e gli antichi Greci ritenevano che i diamanti fossero frammenti di stelle o lacrime degli Dei cadute sulla terra. Gli Indù arrivavano addirittura ad incastonare dei diamanti negli occhi di alcune statue, attribuendo loro un magico potere. Nel periodo del Medioevo e del Rinascimento un anello di diamanti era considerato non solo un gioiello ma anche un amuleto e a chi lo indossava venivano riconosciuti poteri magici quali invincibilità e coraggio. La parola “diamante” infatti deriva dal greco “adámas”, indomabile, proprio perché gli antichi lo reputavano indistruttibile. Da lì ad acquistare il significato simbolico di invulnerabilità il passo fu breve. Averlo con sé significava in qualche modo avere potere sulla materia. L’inalterabilità della pietra ne fece acquisire un altro significato simbolico: quello di fedeltà matrimoniale e di eternità del legame amoroso. La tradizione di donare un anello con diamante come pegno d’amore si ritiene possa risalire alla fine del XIV secolo. A quel tempo i diamanti erano considerati come portafortuna o talismani e si pensava potessero aumentare i sentimenti di un marito verso la propria moglie. Si riteneva che persino nelle frecce di Cupido vi fosse una punta di diamante a conferire un potere eccezionale. La tradizione romantica vuole che l’anello si indossi all’anulare sinistro; fin dall’antichità si credeva, infatti, che la vena dell’amore (vena amoris) corresse direttamente dalla punta del dito fino al cuore. Probabilmente non sapremo mai quando e dove furono scoperti i primi diamanti. I più antichi documenti scritti risalgono al IV secolo A.C. e riferiscono del ritrovamento di alcuni diamanti in India, lungo i fiumi Penner, Krishna e Godavari. Questi testi descrivono i diamanti come pietre molto preziose, resistenti, regolari, brillanti, con una notevole capacità di graffiare i metalli più resistenti e con un grande potere sacro e magico: servivano a tenere lontani gli influssi maligni. Sin dai tempi antichi e fino all’inizio del XVIII secolo si sviluppano fitte relazioni commerciali tra l’Europa e l’Asia, essendo quello indiano l’unico bacino diamantifero conosciuto. Nel 1725 vengono trovati i primi campioni di diamante provenienti dal Brasile. Il fascino dell’India però, rimane immutato: si spediscono i diamanti dal Brasile alla penisola asiatica per poi rivenderli come pietre di origine indiana. Quando, un secolo dopo, i giacimenti brasiliani tendono ad esaurirsi, tocca al Sudafrica sostituirli. Oggi le più grandi miniere sono quelle africane del Botswana, della Sierra Leone, dell’ex-Zaire, dell’Angola, del Ghana e della Liberia. Diamanti famosi I diamanti naturali più conosciuti sono celebri per le loro notevoli dimensioni, per i loro colori particolari e per la loro storia, spesso leggendaria, legata ai personaggi che li hanno posseduti e indossati nel corso dei tempi. Tra i diamanti più famosi vi sono: “Il Golden Jubilee” (Giubileo Dorato), attualmente il più grande diamante tagliato al mondo, scoperto nel 1985 nella prolifica miniera Premier Mine in Sud Africa (la stessa di altri celebri diamanti): un grosso diamante cognac di circa 755 carati (151 grammi). Dopo il taglio il diamante raggiunse un peso, finora non superato, di 545,67carati (109,13 grammi). Il diamante “Cullinan”, detto anche Stella d’Africa, è il più grande diamante grezzo di qualità da gemma ritrovato nel 1908, con un peso di 3.106,75 carati, pari a circa 621,35 g. Il taglio di questa pietra ha prodotto 105 diamanti dalle varie fogge, i più importanti dei quali oggi fanno parte dei gioielli della Corona Britannica. Il “Regent”, scoperto nel 1701 da uno schiavo indiano vicino a Golconda, grezzo pesava 410 carati; fu denominato Regent ed incastonato nella corona che Luigi XV indossò all’incoronazione. Dopo la Rivoluzione Francese divenne proprietà di Napoleone Bonaparte che lo incastonò sull’elsa della sua spada. Ora è in mostra al Louvre. Cura del diamante Per mantenere inalterato lo splendore del proprio diamante occorre avere qualche accorgimento, come evitare il contatto diretto con alcune sostanze acide che potrebbero danneggiarlo e opacizzarlo (profumi, alcool, lacche per capelli, creme, cosmetici, detersivi, sudore, aceto, doro, prodotti chimici…). Pulire il gioiello almeno una volta al mese in una soluzione di acqua e sapone neutro, immergendolo e lasciandolo a bagno per qualche minuto. Con l’aiuto di uno spazzolino morbido, pulire delicatamente il diamante tenendolo immerso nell’acqua. Risciacquare abbondantemente con acqua corrente tiepida, quindi asciugare con un panno. Riporre ogni gioiello separato dagli altri, poiché i diamanti potrebbero scalfirsi l’un l’altro o scalfire altri gioielli.

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